Difesa della verità storica da una parte, secondo una prassi che interpreta la cultura come spazio comunicante nel quale alle svolte epocali si impongono delle necessarie e doverose riletture; dall’altra l’attenzione alla realtà della produzione delle idee e delle conquiste dell’economia, che s’inverano solo in un coerente processo di cultura che si trasforma in economia e di economia che si fa volano di progresso culturale in un procedimento che non può essere interrotto. Se accade si fanno reali e minacciosi gli incubi del fanatismo, della superstizione, dell’ignoranza, che persistono e accentuano le loro violenze, evidenti nella pratica quotidiana. Proprio nella condizione di complessità impredicibile che la presente svolta epocale ci chiarifica ineludibili per l’universo e per l’uomo; proprio nella consapevolezza della caduta dei capisaldi della conoscenza (determinismo, oggettività, certezza, casualità e completezza), l’Accademia, che rinnova quella tanto più celebre e illuminata di Carlo di Borbone, (come tale lo conobbe il Settecento a Napoli), amplificandone gli orizzonti, esige una cultura della modernità. Moderno è ciò che vale ora “modo” secondo l’avverbio latino; quindi può venirci dalla saggezza di un intramontabile passato e dall’avanzato progresso con cui perfettamente la Storia si concilia.